Storia, cultura, fatica e tanto cervello tra i Sorì di Santo Stefano Belbo
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Mi ritrovo con i ragazzi di esCAMOtage tra i Sorì di Santo Stefano Belbo, i vigneti dove viene applicata la cosiddetta viticoltura eroica.
Cos’è la viticoltura eroica? L’unico modo per saperlo è quello di andare sul posto tra i filari delle impervie colline e rendersi conto di quanto possa essere impegnativo coltivare la vite con quelle pendenze. I giorni della vendemmia sono faticosissimi: trasportare le cassette d’uva in cima alla ripida collina costa tanta dedizione e sudore.
I ragazzi di Aroma di un Territorio hanno organizzato una degustazione itinerante nella Langa del moscato presentando i loro vini nei luoghi più rappresentativi del loro coraggioso progetto.
Attraverso questo tour si tocca con mano la storia di queste colline, tra declivi dolci e tondeggianti ad altri ripidi e scoscesi.
Una storia raccontata da otto viticoltori mentre si ammirano gli stessi luoghi citati da Cesare Pavese a cui è stato dedicato la casa museo a Santo Stefano Belbo [Link].
Gli organizzatori sono 8 giovani produttori che vogliono riqualificare il loro territorio attraverso il prodotto che è la fonte di sostentamento di molte famiglie della zona: il moscato bianco.
Questi ragazzi hanno fatto delle scelte coraggiose costituendo un’associazione e un importante progetto: esCAMOtage, CAMO è il nome del paese dell’ipotetica denominazione (non riconosciuta dagli organi preposti, da qui lo spunto del nome escamotage) per indicare il luogo dove viene vinificato un vino unico nel suo genere. Hanno inventato un marchio per riportare alla luce una tradizione diffusa in tutte le famiglie del posto: il moscato vinificato fermo e secco. Il progetto comprende il rispetto di un ferreo disciplinare da parte degli associati, nel quale c’è scritto nero su bianco (probabilmente è il primo in Italia) l’assoluto divieto dell’uso di diserbo chimico.
L’itinerario prevede che per ogni tappa si degustino due vini che abbia sulla bottiglia il bollino esCAMOtage.
La mattinata inizia alla chiesa in frazione Moncucco di Santo Stefano Belbo dove viene offerta la colazione dei loro nonni. “La colazione dei campioni”, tipica di queste zone, è la soma d’aj (fetta di pane abbrustolita con aglio) con i grappoli d’uva moscato dimenticati appesi tra i filari dopo la vendemmia (rapulè), accompagnata dai primi due vini: Enigma e Finalmente.
Gabriele Saffirio ci presenta “Enigma” annata 2019 dell’azienda 499 VINO la quale prende il nome dai metri d’altitudine della sua vigna. Un vino vinificato in solo acciaio, al naso immediatamente si percepiscono i sentori del vitigno aromatico che si trasferiscono al palato con la tipica corrispondenza gusto-olfattiva del moscato bianco, vino ben equilibrato tra acidità, alcol e sapidità.
Il secondo vino “Finalmente” è completamente diverso dalla prima bottiglia offerta. Lo presenta l’ideatore e titolare dell’azienda “Cascina Lodola” Fabio Grimaldi, un ragazzo impallinato con i vini della Borgogna tanto da volerli replicare nella sua produzione e, in effetti, Finalmente è il più francese delle otto proposte. Fermentazione in barrique e altri 10 mesi sempre in botti da 225 litri. Il risultato è un vino dal colore dorato con profumi secondari vanigliati e tostati. Molto piacevole, corposo e oserei dire “piacione”, d’altronde si sta parlando di un vitigno aromatico e, per quel che mi riguarda, la grande “rotondità” ad oggi potrebbe essere la migliore veste per il moscato fermo e secco.
La seconda tappa è sulla collina San Giorgio di Moncucco direttamente nella vigna dell’Azienda agricola Teresa Soria. In questo Sorì si ha la netta sensazione di cosa vuol dire viticoltura eroica. I filari scorrono lungo una collina dalla pendenza vertiginosa, lavorare in queste condizioni è estremamente difficile.
Emanuele Contino, titolare della cantina Teresa Soria, presenta nella sua vigna “Insolito“, per l’appunto l’insolito moscato non vinificato dolce e frizzante. Il colore è più intenso e dorato rispetto la media degli altri esCAMOtage vinificati in solo acciaio. La tonalità è data dalla leggera surmaturazione delle uve, ovvero grappoli lasciati sulla pianta e raccolta in ritardo per ottenere una maggiore concentrazione di zuccheri. Il risultato è di un vino pieno e avvolgente, profumi e gusti mielati con una buona persistenza. Anche questa interpretazione del vitigno è piaciona e, per lo stesso motivo di cui sopra, ai primi sorsi mi piace un sacco.
Nella stessa vigna si degusta anche la versione dell’ Azienda Agricola Cerutti “Le Nivure“. I proprietari sono due fratelli nati a Torino che da giovanissimi hanno fatto una scelta coraggiosa: hanno deciso di trasferirsi a Perletto. Hanno sottoscritto mutui importanti riscattando terreni che erano stati in gestione del nonno, e hanno continuato ad acquisire altri vigneti della zona cogliendo così un’opportunità, l’opportunità del Moscato fermo e secco. Il loro vino è quello che deve fare ancora qualche passettino in avanti (tenendo conto dell’ottimo livello dei suoi soci) ed ha tutte le potenzialità per diventare un ottimo prodotto, considerando l’affiatamento dei componenti dell’associazione i fratelli Cerutti non avranno alcun problema ad essere aiutati in tal senso.
A questo punto della giornata la fame è tanta e si va ad assaporare le otto bottiglie con le pietanze della cucina piemontese del ristorante “campagna verde” dove ci attende un grande supporter di esCAMOtage : Walter Massa, l’entusiasta produttore di Monreale ha intrattenuto le tavolate con aneddoti riguardanti il suo modo di vedere e intendere la vita, snocciolando qua e là, tra il serio e il faceto, fatti vicende e misfatti del mondo del vino.
Non è un caso la sua presenza all’evento, perché Massa ha scritto la postfazione (prefazione di Carlo Petrini) del libro “Moscato: pane burro e acciughe” [Link] scritto dagli otto produttori di Aroma di un Territorio. Ognuno dei componenti dell’associazione ha un capitolo dedicato dove descrivono il percorso di come sono giunti alla stipulazione di un disciplinare e quali sono i passaggi più significativi di questo regolamento.
Si riparte dopo l’intermezzo del pranzo per la terza tappa alla volta della frazione San Carlo.
Sul punto più alto di Castiglione Tinella, alla vista panoramica mozzafiato delle fantastiche colline ricamate dai filari di vite, Francesco Bocchino della cantina “Tojo” racconta e serve il suo vino “Alma” che riprende il filo conduttore di “Enigma” 499 VINO, quindi un moscato secco e fermo vinificato in acciaio, note di pera e pesca e frutta tropicale, in bocca è fresco con una nota sapida che fa ben sperare per una buona evoluzione.
Buone prospettive di longevità anche nel caso del vino di Luca Amerio (Tenuta il Nespolo) “Temperss”, dove sotto l’aromaticità del moscato si ha la percezione di una vaga somiglianza ad un vitigno come il Riesling (riflettendoci bene, è un filo conduttore un po’ per tutti i vini degustati nella giornata).
Il viaggio continua con la visita alla chiesetta di Coazzolo, il comune dove è situata la cantina di Guido Vada (Azienda agricola Guido Vada). Il giovane viticoltore introduce il suo vino “Mosca Bianca” imbottigliato con il tappo a vite (chiusura della quale sono un grande sostenitore, vedasi un mio articolo sull’argomento [Link]) vinificato con una criomacerazione per estrarre tutti i profumi e le qualità del vitigno, l’esplosività olfattiva si sente immediatamente grazie (presumo) anche al tappo a vite. L’olfatto pomposo è leggermente slegato dal palato più “verticale”, ma non è un problema, il tempo certamente aggiusterà l’equilibrio gusto-olfattivo.
L’ ultimo esCAMOtage è di Simone Cerruti presidente dell’associazione, di lui e del loro progetto ne avevo già scritto circa un anno fa [Link] alla presentazione di “Nicchia” nella sua Moscateria, un ristorante dedicato a tutte le declinazioni del moscato bianco abbinato al cibo.
Il vino “Nicchia” dell’ “Azienda agricola Simone Cerruti” ha sostato 6 mesi in barrique di secondo passaggio per regalare una maggiore rotondità, il colore è comunque rimasto un giallo paglierino chiaro, i profumi sono quelli tipici del vitigno che spaziano dai fiori freschi, frutta gialla, all’agrume e alla salvia, al palato ha un buon finale amaricante di mandorla.
Per finire la giornata, nel quartier generale dell’associazione Aroma di un Territorio, è stato offerto il moscato nella sua versione più conosciuta Asti DOCG, il vino dolce famoso in tutto il mondo. Ma anche in questo appuntamento la banalità non è di casa, infatti il vino dolce, anche nella forma passito, viene accompagnato con stuzzichini salati per dimostrare la versatilità del Moscato d’Asti prodotto dalle aziende di ridotte dimensioni, si sottolinea infatti che i vini dei piccoli produttori artigianali sono di un altro pianeta rispetto agli spumanti e i frizzanti delle grandi industrie; un po’ come succede con le piccole cantine (anche lì si parla di viticoltura eroica) del Valdobbiadene o Asolo Prosecco.
Pertanto, gli otto ragazzi sono decisi a sfatare le credenze, e servono così un po’ di “Moscato: pane, burro e acciughe” che sarebbe poi il titolo del loro libro che si trova online (qui) oppure tramite una mia recensione su vinoamoremio [Link].
Tutte le bottiglie di esCAMOtage presentate hanno un filo conduttore che si esprime nelle note agrumate e speziate in alcuni casi, ma soprattutto nella loro potenziale evoluzione: certamente sono vini che, sebbene siano buoni fin da ora, daranno il meglio di sé tra qualche anno.
In conclusione è stata una splendida giornata circondati dalle vigne di otto sognatori i quali, con le loro piccole produzioni, rendono grande una parte del Piemonte per ora dedicata al 70-75% alla coltura delle uve destinate alla grande industria.
Un grosso in bocca al lupo va a questi giovani che miscelano cultura, storia e ottima manifattura; ci sono tutti i presupposti per una buona riuscita di riqualificazione del territorio. Mi auguro che la speranza di Simone Cerruti e soci si avveri nel riproporre la degustazione itinerante come un’attrazione turistica agli appassionati di vino e ai turisti in genere che vogliono scoprire un aspetto affascinante di questo territorio patrimonio UNESCO.
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