” Oltre il Bosco “, il vino silenzioso di Francesco Brigatti
Una bottiglia che dovrebbe stare sotto i riflettori delle più importanti testate giornalistiche dedicate al vino.
Solitamente non racconto i vini con molti descrittori e ancor meno lo farò in questa recensione, semplicemente perché me lo sono goduto a tavola insieme ai miei amici con spensieratezza e “oltre il bosco” ha fatto parte della compagnia.
L’ho stappato con la consapevolezza di essere di fronte a un gran vino (mentre i miei invitati n’erano ignari) in quanto ne avevo assaggiato un bicchiere qualche anno fa con Francesco (vignaiolo FIVI) e la degustazione mi aveva convinto ad acquistarne immediatamente una bottiglia.
Ho versato il vino di Brigatti in calici che precedentemente avevano ospitato un nebbiolo albese del 2018. Il Ghemme (100% nebbiolo) si è fatto largo senza clamori, è entrato in sordina per poi farci esclamare all’unanimità “Wow che vino!” quando ormai eravamo tutti pronti a riempire nuovamente il bicchiere ma, ahimè, era già finito.
L’affermazione enfatica è stata la conseguenza di un vero e proprio stupore. Il nettare di Francesco Brigatti ha appunto concluso un pranzo tra carne e formaggi di svariate stagionature adeguandosi perfettamente all’intensità aromatica di ogni alimento.
A questo punto non potevo non fare una recensione sul mio blog, perciò la mia valutazione sensoriale si limita all’ultimo goccio rimasto strappato a forza all’ironico urlo di “il sommelier sono io e voi..” parafrasando la celebre frase sordiana de “Il Marchese del Grillo”.
Invecchiamento: 24 mesi in botti medio-grandi di rovere di Slavonia, Affinamento: 12 mesi in bottiglia.
Al calice si presenta rosso rubino con riflessi granato, i profumi aumentano d’intensità man mano che passa il tempo dall’apertura, emergono per l’appunto i frutti di bosco e un gran corredo di spezie tra le quali spicca la liquirizia. Il tannino è delicato, il sorso inizialmente sembra morbido, direi persino succoso, ma è solo un’illusione, infatti, dopo aver bevuto, il retrogusto svela tutta la trama strutturata tra sapidità e freschezza, fra tannino e alcol (13,5%vol), il tutto si conclude con una persistenza lunga non “pastosa” ma silenziosa.
Ripeto, la caratteristica PAI “modulare” rispetto al cibo in abbinamento è la particolarità che più ci ha colpito, con ogni probabilità penso che lo si possa definire un vino gastronomico.
Se siete alla ricerca di un vino che sia l’espressione di una denominazione speciale (Ghemme), di un territorio con un enorme potenziale ancora in parte sommerso (Alto Piemonte), di un produttore serio (Francesco Brigatti) o di una chicca rara (Oltre il Bosco), ecco, questa bottiglia può rappresentare degnamente tutti i requisiti appena elencati.
Rapporto qualità/prezzo molto buono, potrà tranquillamente regalare altre ottime emozioni dopo 15 anni (e oltre) di sosta in cantina, 30 euro circa in enoteca.
Ah, stavo per dimenticare un dettaglio non trascurabile: è un 2014, l’annata tanto bistrattata ma evidentemente non lo è per tutte le produzioni.
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