L’anticorpo “Vinitaly”
Autore :
**Al fondo dell’articolo riporto una mia riflessione aggiornata al 22 marzo 2020
Vinitaly è stato il primo evento italiano di grosse proporzioni a prendere una decisione controcorrente rispetto alla tendenza di questi giorni dove la psicosi collettiva provocata dal coronavirus ha causato una serie di disdette in tutta Italia per qualsiasi raggruppamento di persone, persino per una riunione di condominio composto da 4 appartamenti.
La manifestazione enologica italiana più importante dell’anno dunque prova a creare i suoi anticorpi contro lo sconvolgimento in atto in una delle regioni più colpita dal virus cinese.
Tra poco più di un mese e mezzo Vinitaly inizierà ad invadere in modo virale il suo antidoto in tutte le riviste cartacee e digitali non solo dedicate al settore ma in tutte le testate italiane, le nostre timeline dei vari social saranno piene zeppe di foto, considerazioni e consigli sui vari produttori, la modella più elegante e fotografata sarà una bottiglia vestita soltanto di un’etichetta ma noi saremo impeturbabili, ciò che ci interesserà di questa sarà solo quel che porterà dentro di se, non ci importerà un fico secco dell’estetica anche se Vinitaly è una grande passerella internazionale.
Scruteremo, indagheremo, vorremo sapere il senso profondo di ogni elegante bottiglia, ci emozieneremo ad ogni riflesso giallo paglierino dentro al calice guardato in controluce, tastaremo goccia a goccia il vellutato tappeto rosso intriso di tannino, poi fisseremo bene in mente le scritte sulla controetichetta (b-side) e faremo qualche domanda a chi rappresenterà gli stand per unire così tutti i punti e trarne un quadro generale del nettare bevuto.
la mia rappresentazione poetica (concedetemi l’abuso del termine) è la bella facciata – guai se non fosse così – strettamente legata alle emozioni di questa fiera veronese, perlomeno lo è per gli appassionati che essi siano addetti ai lavori o semplici adulatori del vino.
Tralasciando l’aspetto romantico, il mondo del vino è un microcosmo del quale fanno parte molte attività connesse che rendono estremamente affascinante l’universo enologico.
Per ogni segmento che compone la filiera del vino c’è una professione e una specializzazione con i relativi problemi collegati, e numerosi sono i grattacapi che fanno vacillare tutto il sistema, tra queste preoccupazioni forse la più rilevate è la commercializzazione che non si limita solo alla materia prima, cioè il vino, ma a quello di saper vendere nel pacchetto anche il territorio, il luogo nel quale viene realizzato il vino e fare ciò che molti lamentano come la grande pecca italiana, ovvero il ” fare sistema”. Una comunione d’intenti che al momento del bisogno (o per meglio dire, quando si è in assoluta emergenza) sembra funzionare ora in crisi coronavirus e come ha funzionato nel caso dei produttori vitivinicoli – in prima linea i vignaioli iscritti alla FIVI – contro i dazi americani sul vino italiano.
Un argomento quello delle imposte USA utile per gli organizzatori e i frequentatori di Vinitaly che è indirizzato esclusivamente agli addetti ai lavori, infatti la fiera è stata creata appositamente per i buyer italiani e stranieri per stringere accordi diretti con i produttori, perciò ora più che mai è l’opportunità giusta per confrontarsi con gli importatori stranieri, in particolar modo con i compratori americani per allontanare ancor di più – è di questi giorni la buona notizia dello slittamento di 180 giorni da parte del parlamento statunitense – la prospettiva di imporre un’imposta sul vino italiano la quale potrebbe essere nella misura del 25% o addirittura arrivare fino al 100%.
Le cantine italiane cercheranno di fare affari con mercati diversi da quello americano e naturalmente la via asiatica sarà lo sbocco più appetibile.
Ah già, l’Asia, per ora è un problema soprattutto in Cina con la chiusura import-export delle merci e delle persone.
Convalidare la fiera è indispensabile per capire come affrontare l’esportazione futura, si potrà decifrare se gli americani faranno man bassa di vino italiano prima dello scadere dei 180 giorni oppure se caleranno gli ordini. E al Vinitaly, ci saranno i buyers asiatici pronti ad approfittare della situazione creata dagli eventuali dazi statunitensi? Quale sarà l’effetto coronavirus fino alla fine dell’anno?
Al netto delle eventuali e doverose imposizioni da parte del ministero della salute, in questo momento confermare le date del Vinitaly è un segnale fondamentale per il vino italiano, i principali anticorpi a tutto il caos nazionale e internazionale sono i produttori presenti al Vinitaly che non vogliono perdere l’occasione di essere i reagenti allo stallo economico in particolar modo nel settore export.
**Aggiornamento 22 marzo 2020 Per onestà intellettuale faccio una precisazione sul mio iniziale entusiasmo per la conferma delle date del Vinitaly. Come si evince dalle ultime righe del suddetto articolo (al netto delle eventuali…) ero già conscio del fatto che le cose potevano cambiare, e infatti il consiglio di amministrazione Vinitaly in data 3 marzo 2020 ha deciso di rimandare alle date 14-17 giugno 2020 la manifestazione. Una decisione che non mi trova concorde perché l’epidemia ha preso il sopravvento (era già prevedibile dal 8 marzo) ed in data odierna – 22 marzo 2020 – ancora viene promossa. Trovo che, per ovvie ragioni sanitarie e per evidenti ragioni economiche (a chi verrebbe mai in mente di affollare un capannone?, quali buyers stranieri/italiani verrebbero?, quale convenienza avrebbero i produttori?), mantenere l’edizione 2020 anche con ulteriori proroghe sia ingiustificabile, pertanto, credo che rimandare il più grande evento sul vino italiano al 2021 sia la cosa più saggia da fare, senza fretta, si avrà tutto il tempo per organizzare al meglio la manifestazione fiore all’occhiello del vino nostrano puntando (si spera) sulla nuova ripresa economica italiana.
Iscriviti alla newsletter WineList di vinoamoremio.it per essere sempre connesso al mondo del vino