La forza di Fuerteventura
Autore :
Voglio essere chiaro sin da subito, anticipando il contenuto di questa mia pubblicazione con l’intento di dare una motivazione in più a Pedro e di introdurre una prospettiva internazionale al suo progetto.
Sarebbe molto stimolante se i suoi vini partecipassero al Mondial des Vins Extrêmes [Link]; hanno tutte le carte in regola (spero che lo si possa capire anche attraverso questo mio contenuto) per partecipare a una delle prossime edizioni, inclusa quella del 2024, che si terrà a settembre in Valle d’Aosta. Sarebbe l’occasione giusta per far conoscere la sua realtà agli addetti ai lavori e a tutti gli appassionati di vino.
A questo punto, desidero soffermarmi su un aspetto del progetto citato: la pianificazione dell’espansione della viticoltura in una zona desertica circondata dall’Oceano Atlantico, nel luogo più avverso all’agricoltura rispetto alle altre isole dell’ arcipelago delle Canarie, ovvero l’isola di Fuerteventura.
Un appassionato di vino che ha familiarità con l’arcipelago spagnolo trova abbastanza facilmente sul mercato vini che vengono prodotti a Lanzarote, alcuni a Tenerife e più raramente a La Palma, zone che si sono distinte anche a livello internazionale per le enormi difficoltà nel coltivare la vite in questi terreni vulcanici. Efettivamente, sono note le bellissime immagini dei vigneti di Lanzarote, formati da fosse scavate nel nero terreno vulcanico.
A differenza delle isole citate, il paesaggio di Fuerteventura è anch’esso vulcanico, tuttavia, è fortemente desertico, nel quale non si avvistano piante o macchie verdi a perdita d’occhio.
Quella vista “marziana” l’ho appurata durante una villeggiatura con la mia famiglia, trascorrendo le giornate tra gite, passeggiate in spiaggia e tuffi in uno splendido mare, nel frattempo, ho continuato (in modo piuttosto blando e distratto) a coltivare la mia passione enoica cercando qualche informazione sulla viticoltura locale.
Ciò che ho notato durante la permanenza vacanziera è stata la difficoltà nel reperire bottiglie che provenivano da quest’isola. Era praticamente impossibile; probabilmente, nei ristoranti più rinomati ne saranno stati certamente forniti ma, diversamente, nei wine bar, nei locali turistici o nelle attività commerciali orientate ai residenti, non se trovavano tracce di vini prodotti a Fuerteventura.
Cosa invece assai più frequente è stata quella di imbattersi in fermentati di Lanzarote e Tenerife, anche nei supermercati, luoghi nei quali non perdo mai il vizio di indagare nel reparto “vini e liquori”, perché presuppongo che si abbia il polso delle tipologie e dei gusti locali nel settore wine & spirits.
Ciò che differenzia le isole dell’arcipelago note per la produzione di vino da quella di Fuerteventura è la conformità del terreno, che anch’esso è di origine vulcanica ma non è ricoperto da una coltre di lapilli (ad esempio i lapilli neri di Lanzarote) che trattengono l’umidità per poi rilasciarla gradualmente alla vegetazione. Sicché, la questione della ritenzione idrica è il problema più rilevante per l’isola, la mancanza d’acqua fa sì che non si espandino le rarissime macchie di vegetazione presenti in questo lembo di terra emersa.
A pochi giorni dalla fine della vacanza, la mia indagine, non certamente spasmodica, era arrivata alla più triste delle conclusioni, ero sconfortato dal fatto di non aver bevuto un vino locale. Nonostante questa piccola desolazione d’animo, le mie giornate continuavano a trascorrere con spensieratezza e divertimento ma durante una escursione panoramica dell’isola con la mia famiglia, la nostra guida (nella fattispecie mio cognato Kry residente a Corralejo) ci ha proposto, dopo una interessante visita nel canyon Barranco de las Penitas nel villaggio di Vega de Rio Palmas, un breve ristoro in un locale sito nel bel mezzo del nulla, con in seno una specie di vivaio, insomma, una piccola oasi verde.
All’interno di questo esercizio chiamato Casa de la Naturaleza, ho scorto una singola bottiglia appoggiata su di un tavolino, con accanto un prospetto nel quale veniva descritto il contenuto della bottiglia in questione. La dicitura riportava:
MALVÁSIA VOLCÁNICA
Nuestro primer vino blanco propio Malvasía cosecha 2023, elaborado con uvas de nuestro viñedo en Betancuria. La segunda producción se limita a sólo 800 botellas
traduzione letterale:
MALVASIA VULCANICA
Il nostro primo vino bianco malvasia annata 2023, prodotto con uve provenienti dal nostro vigneto di Betancuria. La seconda produzione è limitata a sole 800 bottiglie.
Finalmente! Ho trovato la ricchezza nascosta in quest’isola sperduta e ora sono felice di condividere la preziosa mappa del tesoro con chi mi sta leggendo. Le zone da crocettare sulla cartina non sono molte ma un paio le suggerisco di seguito.
Dopo aver avvistato il “malloppo”, ho cercato il personale della cafeteria per avere informazioni e, soprattutto, per ottenere un calice del prezioso liquido, fortunatamente la mia richiesta non si era fatta attendere.
La Malvàsia Volcànica D.O.P. Islas Canarias “Casa Santa Maria” 2023, che mi è stata servita, era leggermente torbida di un colore giallo con riflessi verdognoli, profumi aromatici di agrumi come limone e pompelmo, al palato risultava secca, con una spiccata sapidità e sentori di frutta esotica. Non era molto equilibrata, d’altra parte, penso che tra un anno o due potrebbe migliorare; e, a questo proposito, ne ho accaparrata una bottiglia da portare in Italia per testarne l’evoluzione e rivivere quell’esperienza esperienza incredibile. Di tutto avrei potuto aspettarmi tranne quella di assaporare un raro vino locale in un luogo sperduto nel mezzo di un arido paesaggio marziano.
Mi è stato spiegato dal personale di servizio che il vino presentato è stato prodotto da una singola vigna di sola Malvasia Vulcanica, situata su di un promontorio a 400 m s.l.m., una vigna di proprietà del ristorante “Casa Santa Maria”, che si trova di fronte alla bellissima chiesa ristrutturata Santa Maria di Betancuria del 1410.
Gli unici luoghi per trovare questa produzione di soli 800 bottiglie sono appunto il ristorante appena citato, che dà il nome al vino, oppure nella cafeteria e ristorante Casa de la Naturaleza, nel quale ho scovato la bottiglia, o anche in un negozio non ben precisato (probabilmente ho inteso male, verosimilmente si tratta della cantina di vinificazione).
Le uve sono state conferite sempre nell’entroterra dell’isola a Lajares (a circa 30 minuti di macchina) nella bodegas Conatus come si evince dalla scritta in etichetta, successivamente sono state vinificate in acciaio senza aggiunta di altri vitigni, perciò si tratta di 100% Malvasia Vulcanica prodotta da un’unica vigna.
Dopo aver raggiunto lo scopo tanto desiderato, ero contento, ma non del tutto appagato. L’avvenimento ha suscitato in me una curiosità tale da prefissarmi un altro obiettivo da raggiungere: visitare la cantina alla quale sono state conferite le uve di Casa Santa Maria.
Era uno scopo semplice, avevo ancora 3 giorni di vacanza e, soprattutto, potevo confidare sull’aiuto di amici residenti nell’isola, e invece è stata un’altra piccola caccia al tesoro.
Tramite conoscenze, ho avuto un contatto con la disponibilissima signora che gestisce le public relations dell’azienda vitivinicola per prenotare una visita alla bodegas (cosa fattibilissima anche attraverso il loro sito internet [link]), però, come si era già capito dai precedenti eventi trascorsi sull’isola, questo compito per me non sarebbe stato facile.
Il presagio si era compiuto all’istante: ero stato ragguagliato sul fatto che la cantina era sottoposta a ristrutturazione per ampliamenti e ammodernamenti della struttura, pertanto, non era agibile momentaneamente al pubblico.
Eccomi nuovamente di fronte alla sfortuna, tuttavia, questa volta mi sono adeguato alle avversità per cercare di arrivare alla meta che, a quel punto, era diventata una questione prioritaria; per raggiungere il mio scopo ero disposto a percorrere in lungo e in largo anche a piedi (si fa per dire, neh) Fuerteventura pur di entrare in contatto con un altro vino “Conatvs”.
Il sole, il vento incessante e l’arido territorio desertico mi hanno fatto immaginare di essere un avventuriero alla ricerca del tesoro nascosto dai pirati. Non avevo a disposizione la cartina con la fatidica “X” da raggiungere in chissà quale angolo sperduto dell’isola, la speranza e l’ottimismo erano i miei unici strumenti a disposizione.
La mattina seguente a quella fortunata esperienza, le mie scarpe da trekking, dopo un’accurata manutenzione, erano pronte sull’uscio di casa per essere infilate. Mentre mi avvicinavo frettolosamente alla soglia con le chiavi dell’automobile in mano, pronto per partire all’avventura nell’isola dei pirati, una notizia ha improvvisamente arrestato la mia corsa: avevo ricevuto le coordinate di una destinazione certa.
Avrei dovuto comunque mettere le mie super scarpe scattanti, ma a quanto pare sarebbero potute bastare anche solo un paio di ciabatte, la meta “X” era letteralmente dietro l’angolo della palazzina nella quale alloggiavo, a poco meno di 50 metri di distanza.
Niente di più facile, colui che mi aveva fornito il messaggio illuminante riferiva che avrei dovuto soltanto raggiungere la luna che, stante le indicazioni, era distante a soli 100 passi da me, fatto strano, ma così è stato.
Il titolare della cantina isolana era anche il proprietario del ristorante “La Luna” che si affacciava sull’Oceano Atlantico nelle immediate vicinanze del porto di Corralejo. A quel punto, ho raggiunto il recapito e, avvicinandomi ad esso, ho notato che il locale era aperto perché operava anche come bar, perciò sono entrato per ispezionare e cercare qualche segno distintivo che mi avrebbe ricondotto all’azienda vinicola che cercavo.
Con tanta curiosità, ho sbirciato nella sala adibita alla ristorazione e in quel momento non ho avuto più alcun dubbio, la “soffiata” si era verificata esatta: su una parete c’era una grande insegna circolare con impressa l’immagine di una mano stilizzata e la scritta “BODEGAS CONATVS”.
Dopo aver accertato il fondamento dell’ottima notizia, con calma serafica ho raggiunto mia moglie per comunicarle che l’avrei invitata a cena in un ristorante nelle immediate vicinanze della nostra abitazione, proprio per la stessa sera.
Come da programma, poco dopo il tramonto, io e la mia consorte ci siamo accomodati al tavolo del ristorante ed abbiamo finalmente potuto ordinare e degustare un vino rosso Conatus, il quale è stato servito alla giusta temperatura.
A tale proposito, mi permetto di fare una piccola osservazione, una parentesi già aperta in altri miei post (ad esempio qui su TorinoFan [Link]), che evidentemente non riuscirò mai a chiudere.
Il vino rosso proposto alla temperatura di circa 15 °C (salvo alcune eccezioni) dovrebbe essere la norma in qualsiasi ristorante del mondo, purtroppo però non lo è affatto. Per questo motivo, ‘La Luna’ merita una menzione speciale, considerando che dispone di prezzi in linea con altri locali, tuttavia, la qualità del cibo e del servizio, rispetto a quanto ho potuto appurare durante la mia vacanza a Corralejo, porta a un rapporto qualità/prezzo decisamente buono.
Il vino tinto (rosso) D.O.P. Isla Canarias Conatvs 2023, composto da un uvaggio di Listán negro, Listán prieto, Tintilla, Baboso negro e Vijariego negro, si presentava al calice di un colore rosso rubino scuro, vinificato e affinato in acciaio, profumi di frutti rossi come ciliegia e more e in sottofondo note speziate di incenso, al gusto presentava una buona acidità e un tannino setoso, il finale era sapido con un retrogusto di frutti di bosco.
Durante la cena ho inoltre avuto l’opportunità di rivolgermi al personale di servizio per ottenere spiegazioni dettagliate sul vino servito e sulla cantina. Mi è stato comunicato che la bodegas risultava temporaneamente inagibile per i turisti, confermando le informazioni che già possedevo.
La mia curiosità non si era ancora del tutto placata, specialmente dopo aver apprezzato quel buonissimo vino, anzi, l’ha acuita. Alcune delle mie domande potevano essere soddisfatte solamente da chi operava direttamente nella cantina. Per appagare il mio interesse, la responsabile di sala, vedendomi così focalizzato sul vino (diciamo che ero un pochino insistente), mi avvisava che dalle 8.00 alle 11.00 della mattina, spesso e volentieri, il proprietario del ristorante era presente nel locale. Perfetto, avevo a disposizione un giorno e mezzo per piantonare l’entrata de “La Luna”.
Il giorno dopo, alle otto in punto, mi sono presentato al bancone del bar per chiedere se ci fosse il gestore del locale. Il barista mi ha riportato con certezza assoluta che sarebbe arrivato intorno alle 11.30.
Anche in questa circostanza, poteva andare tutto liscio, dove di norma (come succede del resto anche allo stesso parallelo in America Latina) gli orari praticamente non esistono e per qualsivoglia appuntamento, anche per affari impellenti, si rimanda tutto a un generico mañana?
Sì, è andato tutto come previsto. L’orario suggerito era esatto, alle undici e trenta Pedro Antonio Martin Hernandez era presente, seduto ad un tavolo della sala, intento nelle sue faccende amministrative.
Con grande sollievo, mi sono presentato e abbiamo avviato un’interessante chiacchierata, nella quale, per l’ennesima volta, ho avuto conferma del motivo per cui adoro l’enologia e tutta la cultura che si porta appresso da millenni.
Pedro Hernandez mi ha spiegato le enormi difficoltà nel coltivare qualsiasi cosa a Fuerteventura, ivi compresa la vite.
La scelta di produrre vino gli è nata durante gli anni ‘80 quando la sua famiglia aveva impiantato ciò che erano rimaste delle viti dell’isola, una scelta controcorrente, dal momento che la viticoltura era stata abbandonata da tempo, ma che fino agli anni ‘50 era assai più diffusa.
Pedro si era in seguito appassionato a questo tipo di pratica agricola, tanto da continuare ad espandere il vigneto dei genitori e crearne degli altri, andando per Fuerteventura a scovare piante autoctone e selezionarne le più adatte al vino da realizzare in scala più grande rispetto alla piccolissima produzione familiare.
La fatica nel coltivare l’uva in questi anni è stata enorme e continuerà a essere una costante anche per la vite destinata a sopravvivere sull’isola; da queste fattuali circostanze è nato il nome della cantina CONATVS, ovvero “sforzo”.
Il titolare della bodegas, nel suo racconto sulla realtà vitivinicola in Fuerteventura, ha sottolineato che, curiosamente, la viticoltura nell’arcipelago è nata proprio in quest’isola.
Le prime varietà coltivate furono impiantate da esploratori, monaci e coloni europei dopo la conquista delle isole. Le più antiche testimonianze, secondo le scritture del Cabildo (il consiglio dell’isola) dell’epoca, parlavano della “Viña de Anibal” (vigna di Annibale) a Fuerteventura. Annibale, figlio del conquistador Gadifer de La Salle, ha dato il nome a questo vigneto, piantato tra il 1402 e il 1412.
La peculiarità delle viti coltivate alle Canarie è quella di essere a piede franco; non essendo mai state raggiunte dalla fillossera, costituiscono così un vasto panorama di varietali provenienti dalla penisola iberica, ma ormai autoctoni e completamente diverse dalle piante con portainnesto allevate in Europa. Di fatto, le viti presentano le caratteristiche originarie dei vitigni impiantati nell’era pre-fillossera, insieme a proprietà locali uniche che si sono sviluppate grazie alla loro presenza sull’isola per almeno 150 anni. Gli ultimi filari alloctoni impiantati dovrebbero risalire a poco prima del 1860, ma è possibile che alcune di queste viti siano ancor più antiche, risalendo a secoli precedenti.
Pedro è in costante ricerca dei varietali completamente dimenticati e abbandonati in questa terra vulcanica, nel corso degli anni ha già effettuato il recupero di diverse varietà.
Dalle sue parole, ho capito che il suo progetto non riguarda solo la sua azienda, ma mira a incentivare l’aumento del suolo vitato sull’isola e a stimolare altre realtà agricole nella produzione di vino.
L’obiettivo è quello di utilizzare solo le viti nate e cresciute nelle isole Canarie, ma non solo, secondo Pedro, nella vinificazione non c’è posto per le uve provenienti dalle altre isole se si vuole avere un’identità tipica di Fuerteventura. Una identità che la sua cantina Conatus ha già acquisito nel 2016 come prima cantina di Fuerteventura con la Denominazione di Origine Islas Canarias.
Egli è vicepresidente dell’ Associazione Viticoltori di Fuerteventura ‘Majuelo’, che raggruppa un manipolo di viticoltori convinti di continuare a espandere e impiantare nuove vigne nel loro lembo di terra, prendendo spunto anche dalle altre isole cugine.
L’associazione Majuelo ha sede nell’ecomuseo La Alcologia, un sito nel quale potranno sperimentare nuovi vitigni scoperti nell’isola; inoltre, citando un articolo che riporta la notizia della collaborazione, i viticoltori associati proporranno di svolgere “attività che comprendono corsi di viticoltura, degustazioni e pratiche di potatura, oltre all’installazione di un laboratorio per l’analisi dei mosti e dei vini” [Link].
Hernandez è così determinato a tradurre in realtà il suo disegno tanto da avere appena allargato e ammodernato la sua cantina.
È un uomo attivo nella ricerca di soluzioni con il ministero delle politiche agrarie dell’isola, in primis per risolvere l’emergenza acqua destinata all’agricoltura. Mi ha confidato che, a causa della mancanza d’acqua, in alcune delle sue vigne gli acini risultano molto piccoli, in alcuni casi addirittura con un diametro inferiore a quello di un mirtillo.
Nel corso della conversazione, abbiamo assaggiato il vino bianco D.O.P. Islas Canarias 2023 “Airam”, del quale ho avuto subito un interessante impatto gustativo, notando la parte minerale e salmastra tipica di queste uve coltivate nelle Isole Canarie. Un vino vinificato e affinato in acciaio, dal colore giallo paglierino, composto da un uvaggio di Malvasia Vulcanica, Diego, Albillo, Verdello e Listan blanco, una ricetta che dona profumi di frutti tropicali e, soprattutto, un ottimo equilibrio e un piacevole finale agrumato e mandorlato.
Nelle due bottiglie, il rosso “Conatvs” e il bianco “Airam”, ho colto un filo conduttore che si palesa nella pulizia della beva e nella linearità, con un sorso semplice, ma, come spesso succede nei vini degni di nota, ha una considerevole struttura alla base. Ho pensato quindi che siano stati vinificati da sapienti mani e, per averne conferma, ho cercato nel web informazioni sull’argomento.
Effettivamente, l’enologo della cantina è Alberto G. González Plasencia, un esperto tecnico nato alle Canarie con diverse esperienze positive nel settore viticolo spagnolo [Link].
Bodegas Conatvs attualmente detiene 6 ettari di proprietà distribuiti in varie parti dell’isola, inoltre, vinifica uve provenienti da altri coltivatori di Fuerteventura, come nel caso di Casa Santa Maria.
Concludendo, il mio viaggio a Fuerteventura è stato arricchito da esperienze uniche e dalla scoperta di vini che meritano di essere conosciuti.
Spero che con il presente post sia diventato chiaro perché la cantina Conatvs abbia tutti i requisiti per partecipare come prima cantina di Fuerteventura al Mondial des Vins Extrêmes.
Buena suerte a Conatvs !!
Per gli appassionati del calice, riporto le note gustative dei tre vini presentati:
La Malvàsia Volcànica D.O.P. Islas Canarias “Casa Santa Maria” 2023, che mi è stata servita, era leggermente torbida di colore giallo con riflessi verdognoli, profumi aromatici di agrumi come limone e pompelmo, al palato risultava secca con una spiccata sapidità e sentori di frutta esotica, non era molto equilibrata, d’altra parte, penso che tra un anno o due potrebbe migliorare[..] è stato il prodotto da una singola vigna di sola Malvasia Vulcanica situata su di un promontorio a 400 m s.l.m., una vigna di proprietà del ristorante “Casa Santa Maria” in quel di Betancuria [..] le uve sono state vinificate in acciaio senza aggiunta di altri vitigni, perciò si tratta di 100% Malvasia Vulcanica prodotta da un’unica vigna.
Il vino tinto D.O.P. Isla Canarias Conatvs 2023, composto da un uvaggio di Listán negro, Listán prieto, Tintilla, Baboso negro e Vijariego negro, vinificato e affinato in acciao, si presentava al calice di un colore rosso rubino scuro, profumi di frutti rossi come ciliegia e more e in sottofondo note speziate di incenso, al gusto presentava una buona acidità e un tannino setoso, il finale era sapido con un retrogusto di frutti di bosco.
Vino bianco D.O.P. Islas Canarias 2023 “Airam”, del quale ho avuto subito un interessante impatto gustativo, notando la parte minerale e salmastra tipica di queste uve coltivate nelle Isole Canarie. Un vino vinificato e affinato in acciaio, dal colore giallo paglierino, composto da un uvaggio di Malvasia Vulcanica, Diego, Albillo, Verdello e Listan blanco, una ricetta che dona profumi di frutti tropicali e, soprattutto, un ottimo equilibrio e un piacevole finale agrumato e mandorlato.
Nelle due bottiglie, il rosso “Conatvs” e il bianco “Airam”, ho colto un filo conduttore che si palesa nella pulizia della beva e nella linearità, con un sorso semplice, ma, come spesso succede nei vini degni di nota, ha una considerevole struttura alla base.
Iscriviti alla newsletter WineList di vinoamoremio.it per essere sempre connesso al mondo del vino