All’orizzonte del Punset
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Molte volte mi chiedo quale sia il reale contributo dei social network apportato al mondo del vino.
Le grandi cantine che hanno le possibilità di impegnare molti soldi in pubblicità o, meglio ancora, sul marketing, possono rimanere sulla breccia dell’onda contando sulla costante visibilità dei loro prodotti su tutti i media ed inevitabilmente hanno un ritorno positivo.
Ma per i piccoli produttori che non hanno queste capacità imprenditoriali (in questo caso però si dovrebbero dare una svegliata sul fronte marketing) e soprattutto non dispongono di grandi somme, come possono essere visibili ad un pubblico perlomeno di nicchia come gli appassionati enoici?
Molti vini li ho conosciuti avvalendomi di alcune guide e, quando mi è stato possibile, frequentando delle iniziative presso l’associazione AIS oppure bazzicando nelle manifestazioni dedicate al vino sparse sul territorio nazionale.
Sono metodi che si potrebbero definire antichi ma ancora validi, negli ultimi anni però mi sto informando sempre di più attraverso i social.
In principio lo consideravo un modo alternativo per non essere chiuso in certi schemi non poco datati, pertanto trovavo innovativo seguire gruppi di condivisione di appassionati attraverso il web ed ora è diventata la mia prima fonte di informazione, di esplorazione e di ispirazione enologica.
I prodotti della cantina ritratti in foto li ho conosciuti attraverso facebook. Avevo già visto una loro etichetta recensita qualche anno fa su Lavinium per poi ritrovarmela qualche mese or sono su di un altro profilo facebook dal nome DoctorWine. A questo punto sono andato a riguardare il primo articolo del 2014 scritto da Roberto Giuliani [link] e l’ho confrontato con l’ultimo elaborato nel contenitore di Davide Cernilli scritto da lui stesso [link].
Ebbene, mi sono fidato delle due riviste online, e sottolineo che si tratta di fiducia, perché il soggetto non è una cantina blasonata ma è un’azienda, come tante sparse nel nostro paese, di piccole dimensioni che svolge un lavoro prezioso di riqualificazione territoriale, quindi, dopo esser stata stimolata la mia curiosità, ho acquistato online qualche bottiglia di Punset.
L’elemento che mi ha convinto ed incuriosito è stata la descrizione dell’azienda da parte dei rispettivi giornalisti citati pocanzi, ovvero di una cantina che ha condotto, e tuttora conduce, un’attività con una linea tendenzialmente controcorrente senza volgere lo sguardo ai guadagni facili, insomma, una cantina che bada alla sostanza.
L’azienda è condotta da Marina Marcarino, una donna che la si potrebbe definire una pioniera del biologioco e del biodinamico, una vera impavida che ci ha visto lungo già dagli anni ’80.
Un percorso della cantina affascinante che sposa la filosofia agronomica di Manasobu Fukuoka, detta anche “l’agricoltura del non fare”.
Oltre ad un’attenta cura della vigna e di tutto ciò che la circonda, si può legge nel loro sito internet – Anche in cantina, nella vinificazione, la filosofia è quella del “lasciar parlare la vigna”, omettendo l’utilizzo di lieviti selezionati e enzimi, così da permettere ai frutti di esprimere il terroir di questi vigneti. –
Gli intenditori certamente conosceranno il loro vino di punta, l’ottimo Barbaresco Basarin, io però ho preferito mettere in risalto altri due vini che confermano l’ottima fattura su tutta la linea Punset
Entrambe le bottiglie hanno una particolare caratteristica,
fanno parte di quei rari casi in cui il vino è buono o addirittura migliora anche il giorno dopo l’apertura.
E’ una proprietà che potrebbe capitare (secondo la mia modesta esperienza) perlopiù sui vini concepiti per un lungo affinamento e solitamente costosi, perciò è un caso raro soprattutto per la buona qualità e la bassa fascia di prezzo nel quale si collocano le due etichette.
Dolcetto d’Alba Doc 2016 Punset
Colore rosso rubino scuro e molto pigmentato, dal naso abbastanza intenso con sentori di frutti rossi amarena e more ed ancora note floreali come la viola. Ha un buon corpo o come molti dicono "ha tanta materia", si esprime con una buona persistenza, sul finale una punta di “selvatico” (so che è una definizione piuttosto aleatoria ma non trovo un altro modo per esprimere questa percezione) che caratterizza questo vino. Vino versatile a tutto pasto con un tannino morbido.
Nebbiolo Doc Langhe 2016 Punset
Un nebbiolo che rispetta tutti i canoni tipici del vitigno, presenta un colore rosso rubino chiaro di scarsa pigmentazione ed ha un naso abbastanza intenso dove la viola, dapprima fresca e poi appassita, si espande. Si nota un tannino croccante che ha ancora tempo per affinarsi, sicuramente un vino di buona prospettiva.
L’ultimo attributo di grande importanza dei due vini è quello di avere un carattere ben definito e riconoscibile all’orizzonte.
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